Lukas Furtenbach, un alpinista di fama internazionale, ha orchestrato una delle scalate più fulminee dell'Everest, guidando una spedizione britannica e avvalendosi di un protocollo di trattamento con gas xeno, il cui impatto sull'accelerazione dell'acclimatazione rimane oggetto di dibattito nella comunità scientifica; il team, partito da Londra il 16 maggio, ha espugnato la vetta il 21 maggio, rientrando in patria il 23 maggio, a testimonianza di un'efficienza logistica e atletica senza precedenti.

L'adozione del trattamento con gas xeno, propugnato come profilassi per il mal di montagna negli alpinisti, ha innescato un acceso dibattito, culminato in un'indagine approfondita da parte delle autorità alpinistiche nepalesi, le quali ne vagliano scrupolosamente le implicazioni etiche e sanitarie. Gli scalatori coinvolti, preparandosi all'ascensione mediante training ipossico in ambiente simulato e cicli di somministrazione di xeno presso una clinica tedesca all'avanguardia, si sono trovati al centro di un vortice di polemiche. Furtenbach, strenuo difensore del metodo, argomenta che la riduzione del tempo di permanenza in alta quota, resa possibile dallo xeno, comporterebbe una diminuzione dell'impatto ambientale complessivo, ivi compresa una significativa contrazione dei rifiuti organici dispersi. Ciononostante, l'assenza di precedenti applicazioni di tale protocollo in Nepal – una lacuna che Furtenbach si dichiara pronto a colmare fornendo evidenze inconfutabili circa la sua innocuità e i suoi benefici fisiologici per gli scalatori – continua ad alimentare le riserve e le perplessità della comunità scientifica e alpinistica.